Ormai da diverso tempo si sente parlare di storytelling. Nell’ambito della formazione aziendale se ne fa uso ed è diventato un ‘dispositivo’ importante; in ambito pubblicitario rappresenta ‘la’ modalità comunicativa per eccellenza; in ambito psicosociale e negli interventi rivolti alla comunità è tra le metodologie di ricerca e intervento privilegiata e à la mode.
In qualche modo, intendersi di storytelling e saperlo proporre e usare sembrerebbe un requisito importante per quanti si occupano, a qualche titolo, di gruppi – siano essi formativi, riabilitativi, educativi, clinici, di prevenzione..
Ma cos’è, effettivamente, storytelling ?
E cosa non lo è – completo maliziosamente – ?
Diciamo da subito che l’espressione inglese storytelling, se tradotta con scrupolo letterale, diventa. “raccontare storie”. Nella nostra lingua il senso di tale traduzione è, quantomeno, ambiguo.
Diventa, cioè, possibile, intenderla in due modi: “raccontare storie” come l’arte, la pratica, la competenza nel creare racconti e “raccontare storie” come l’arte, la pratica, la competenza nel dire bugie.
Al di là, quindi, dell’interessante questione che si cela dietro questa ambivalenza – una storia è sempre un’invenzione, un tradimento della realtà, quindi, in un certo senso, è sempre una bugia – non è questo il punto che si vuole portare all’attenzione.
Il punto che desidero qui sottolineare, in effetti, è il seguente: la traduzione italiana tradisce e offusca il senso profondo dell’espressione storytelling. Che non significa tanto “raccontare storie” quanto, anzituttto, “trasmettere un messaggio attraverso un racconto”. E qui la cosa diventa più chiara.
Sintetizzando: ‘fare storytelling’ non significa, semplicemente, accendere una videocamera e intervistare persone perché raccontino la loro storia. Certamente, stanno raccontando qualcosa, una storia, sempre interessante, emozionante perché umana. Ma, altrettanto certamente, fare questo non basta per dire che si sta ‘facendo storytelling’.
Fare storytelling vuol dire costruire un racconto – che possieda le caratteristiche narrative di cui parlerò in seguito – capace di veicolare un messaggio, che usa quel racconto come contenitore metaforico del senso profondo del messaggio.
Così, per parlare dell’importanza della perseveranza nel raggiungere un obiettivo ma anche della generosità che questo percorso implica racconterò la storia di un pugile dei bassifondi che decide di emanciparsi dalla propria condizione, capendo che la vera vittoria non sta nel vincere sul ring ma nella capacità di guardare le cose in modo diverso – ROCKY.
E’ solo un esempio, ovviamente. La comunicazione pubblicitaria ne è piena.
A questo proprosito, consiglio la visione di questo spot, come esempio raffinato di storytelling:
Ne parleremo presto. Nel prossimo articolo.