Arriva un momento nella vita in cui ci sentiamo a un punto di svolta. Sentiamo, in qualche modo, che ci tocca fare un salto, avvicinarci a un angolo da svoltare di cui non vediamo il seguito. Dobbiamo decidere che fare: il famoso bivio, insomma. Poco importa se ci siamo arrivati perché attratti o spinti; ora, che ci piaccia o no, dobbiamo scegliere.
Si dice che nessun vento è buono per il marinaio che non sa dove andare. E questo è un punto importante della vicenda. Se abbiamo imparato a sentire ciò che è importante per noi, a dare valore ai nostri bisogni, ad esprimerli nelle nostre relazioni e a impegnarci ad essere fedeli a noi stessi – per quanto spesso dovendo fare compromessi quotidiani –, sappiamo bene qual è il vento buono per noi, il vento che spira nella direzione in cui vogliamo andare.
Ma se, per ragioni legate alla propria storia di vita, si è stati portati a disconnetterci da ciò che sentiamo, a svalutare ciò che è importante per noi e a non ascoltare i propri bisogni, a non avere più fiducia in noi e nella vita, diventa più complicato capire in quale direzione orientare i propri passi e le scelte importanti.
Per fortuna, da un punto di vista più aperto e fiducioso sull’esistenza, la vita ha anche una sua saggezza. Nel senso che, se allarghiamo il nostro sguardo – ma proprio se riusciamo a spalancarlo sull’esistente – allora gli eventi della vita, per quanto a volte drammatici, non c’è dubbio, possono anche insegnarci qualcosa.
Nell’arco di una vita ci sono bivi capitali e scelte fondamentali ma anche molte possibili piccole deviazioni, dove siamo chiamati a ricordarci chi siamo e dove stavamo andando.
Nei racconti così come nei film che vediamo, il protagonista non ha scelta, va incontro al suo destino, non può sottrarsi al cambiamento.
E questo è un fatto, un assunto dello storytelling.
Ma non vale per noi, e questo è un problema. Nel senso che, a differenza dei protagonisti, noi, a nostra volta, ci troviamo di fronte a bivi, chiamati a scegliere da che parte stare e a quale parte di noi dare ascolto, ma possiamo anche evitare il bivio, allungare la strada o non uscire del tutto di casa. Facendoci un grande torto. Ma non lo sappiamo. E, comunque, scegliere di andare incontro alla propria ombra e alle difficoltà è dannatamente più difficile.
Per questo è importante il lavoro su di sé – certamente, la psicoterapia ma non solo.
E’ importante per poter diventare consapevoli del racconto che ci facciamo della nostra vita, della narrazione in cui siamo immersi che scambiamo per l’unica storia possibile. E, invece, si può cominciare un racconto differente. Andando incontro alle proprie ombre, alle fragilità, le vulnerabilità per accoglierle. E, in qualche modo, (ri)cominciare la storia meravigliosa che avevamo cominciato a raccontarci da bambini.