L’adolescenza è una fase unica e complessa della vita, segnata da profondi cambiamenti fisici, psicologici e sociali. Questo periodo porta con sé sfide significative e compiti evolutivi importanti. Ogni comportamento va valutato nel suo contesto culturale e nelle cornici sociali cui appartiene la persona.
La valutazione di un disturbo depressivo in adolescenza richiede considerazioni complesse, legate al quadro di funzionamento individuale e in riferimento al contesto familiare e culturale dell’adolescente, allo scopo di verificare la presenza effettiva di un disturbo clinico e per discriminare ciò che, al contrario, potrebbe costituirsi come una fisiologica crisi evolutiva.
Il disturbo depressivo in adolescenza – una volta valutato e diagnosticato come tale – non è semplicemente una “tristezza prolungata,” ma piuttosto una condizione clinica caratterizzata da una gamma di sintomi. Questi includono, tra gli altri, una profonda e pervasiva tristezza, la perdita di interesse per le attività quotidiane, cambiamenti nei modelli di sonno ed alimentazione, sentimenti di colpa e disperazione e, talvolta, ideazione suicidaria.
La scienza suggerisce, come per altre forme di disturbo, che la depressione adolescenziale può essere attribuita a una combinazione di fattori, tra cui predisposizione genetica, squilibri neurochimici nel cervello e fattori ambientali come lo stress, eventuali lutti, i conflitti familiari, stili di accudimento e di educazione improntati alla svalutazione, le sfide accademiche. Una condizione clinicamente depressiva può rappresentare anche una risposta psicologica e neurofisiologica conseguente a un evento traumatico. L’origine multifattoriale del disturbo implica, quindi, la concomitanza e interazione di più variabili e fattori.
Nell’ottica della psicologia transculturale, le problematiche legate alla salute mentale, il disagio e il malessere si esprimono attraverso quadri sindromici differenti e peculiari anche a seconda delle culture entro cui l’individuo è immerso. Ad oggi, nei paesi post-industriali, uno tra i sintomi culturalmente connotati attraverso cui si esprime il disagio e la fatica depressiva adolescenziale è rappresentato dal ritiro sociale.
Il ritiro dei giovani d’oggi è un fenomeno che spesso viene associato all’uso eccessivo della tecnologia e ai cambiamenti nelle dinamiche sociali. E’, quindi, inevitabilmente legato al momento storico attuale entro cui, venuti meno certi valori e ideologie, essendosi affermato un modello sempre più individualista e performativo e mancando slanci ideali e di comunità, i ragazzi tendono sempre più a disinvestire il futuro per “schiacciarsi” sul presente. Questo atteggiamento porta, paradossalmente, a comportamenti contrapposti, da una parte il sovrainvestimento maniacale e performativo sul presente, dall’altro, come dicevamo, il ritiro depressivo, spesso assecondato dalla possibilità di ritirarsi e isolarsi in luoghi virtuali, come i social media, invece di partecipare attivamente alle interazioni faccia a faccia.
La ricerca scientifica ha dimostrato che il ritiro dei giovani è connesso anche all’aumento dell’uso pervasivo di dispositivi digitali e dei social media. L’uso eccessivo di queste piattaforme può portare, talvolta, a una maggiore sensazione di solitudine, ansia e depressione. L’educazione sulla salute mentale e l’uso responsabile della tecnologia possono contribuire a ridurre l’incidenza di questi problemi.
La psicoterapia e, talvolta, la terapia farmacologica nonché altre forme di intervento terapeutico e riabilitativo possono essere efficaci nel trattamento della depressione adolescenziale. Nel caso del ritiro dei giovani, incoraggiare un bilanciamento tra l’uso della tecnologia e le interazioni in persona può aiutare a mitigare questo fenomeno.
La depressione adolescenziale e il ritiro dei giovani sono, dunque, questioni serie e complesse che richiedono un approccio scientificamente informato. La consapevolezza, l’educazione e il sostegno di tutte le agenzie educative sono fondamentali per affrontare questi problemi e per aiutare i giovani a ritrovare fiducia in sé, nella vita e nelle sue opportunità.
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Alessandro Ciardi
Psicologo, Psicoterapeuta Milano
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