L’elaborazione del lutto è un processo psicologico complesso e naturale che si attiva in seguito alla perdita di una persona cara o di qualcosa di significativo, come una relazione, un lavoro, o persino una parte di sé. Sebbene comunemente associato alla morte di una persona amata, il lutto può manifestarsi in svariate circostanze in cui la perdita crea una frattura emotiva che richiede un riadattamento psicologico.
Il lutto è una risposta naturale alla perdita. Aiuta a riorganizzare la vita emotiva della persona colpita, permettendo di adattarsi alla nuova realtà e di integrare l’esperienza della perdita all’interno della propria esistenza. Tuttavia, in alcuni casi, può diventare complesso elaborare la perdita e il processo può complicarsi.
Le fasi tipiche del lutto
Il modello più conosciuto delle fasi del lutto è quello proposto da Elisabeth Kübler-Ross nel 1969. Sebbene queste fasi non siano vissute da tutti nella stessa sequenza, né siano rigide, forniscono una struttura utile per comprendere l’evoluzione del lutto. Le fasi sono:
1. Negazione: La persona fatica a riconoscere la realtà della perdita. Questa fase serve da meccanismo di difesa temporaneo che permette di attenuare lo shock emotivo.
2. Rabbia: L’emozione della rabbia può emergere verso sé stessi, verso l’altro o verso la vita in generale. La persona può chiedersi “Perché proprio a me?” e sentirsi impotente.
3. Contrattazione: Questa fase coinvolge il tentativo, spesso inconscio, di negoziare con la realtà della perdita. Le persone possono rivolgersi a pensieri come “Se solo avessi fatto di più” o “Se solo questa cosa non fosse accaduta”.
4. Depressione: A questo punto, la persona in lutto può sperimentare un senso di profonda tristezza e ritiro sociale. È il momento in cui la realtà della perdita diventa più tangibile e può emergere il dolore più intenso.
5. Accettazione: Questa fase è caratterizzata da una progressiva accettazione della realtà e dall’adattamento alla vita senza la persona o l’oggetto perduto. Non implica la fine del dolore, ma piuttosto una maggiore capacità di gestirlo.
Secondo il pensiero riferito alla teoria dell’Attaccamento di Bowlby, la rottura dei legami di attaccamento, implica la perdita di una base sicura e sofferenza. In questa lettura, il lutto non è solo una reazione emotiva, ma anche una ristrutturazione interna delle rappresentazioni mentali dell’oggetto perduto, che coinvolge i modelli relazionali profondi di chi vive la perdita.
Le difese psichiche, come la negazione o la scissione, possono complicare il processo di elaborazione. Alcune persone, ad esempio, possono trovare difficile affrontare l’intensità del dolore e adottare difese inconsce che bloccano l’elaborazione, portando a una forma di lutto bloccato o congelato. In questo senso, il lutto diventa non solo il processo di lasciare andare l’oggetto perduto, ma anche di integrare l’esperienza della perdita come parte della propria identità e storia psichica.
Per attraversare il lutto in modo sano e costruttivo, la persona ha bisogno di:
– Supporto sociale: Avere una rete di persone con cui condividere il dolore aiuta a evitare l’isolamento e favorisce l’elaborazione emotiva.
– Spazio e tempo: Il lutto richiede tempo, e non esiste una durata prestabilita per il suo completamento. Dare a sé stessi il permesso di vivere pienamente ogni emozione è fondamentale.
– Espressione emotiva: La possibilità di esprimere e riconoscere le proprie emozioni, sia verbalmente che attraverso attività creative o simboliche, aiuta a elaborare il dolore.
– Risorse interne: Una buona capacità di adattamento, resilienza e l’uso di strategie di coping funzionali (come la mindfulness o la riflessione) possono facilitare il processo di guarigione.
Non tutte le persone riescono a elaborare il lutto in modo lineare o fluido. Alcuni fattori possono complicare il processo:
– Perdita improvvisa o traumatica: La morte improvvisa o violenta di una persona cara, ad esempio per incidente o suicidio, può intensificare lo shock e rendere più difficile l’integrazione emotiva della perdita.
– Storia di salute mentale: Chi ha già vissuto episodi depressivi o ansiosi può essere più vulnerabile a sviluppare difficoltà nel processo di lutto.
– Assenza di supporto sociale: Le persone che si trovano isolate o prive di una rete di sostegno possono avere difficoltà maggiori a elaborare la perdita.
– Perdita multipla: L’accumulo di più perdite in un breve periodo di tempo, come la morte di più persone care o eventi di vita stressanti, può sopraffare la capacità della persona di affrontare il lutto.
Il DSM-5 ha proposto la diagnosi di disturbo da lutto persistente e complicato per indicare le manifestazioni acute del lutto, che perdurano da almeno 12 mesi dalla morte di qualcuno con cui l’individuo in lutto aveva una relazione stretta,
I criteri diagnostici del disturbo da lutto persistente e complicato sono:
A. L’individuo ha vissuto la morte di qualcuno con cui aveva una relazione stretta.
B. Dal momento della morte, almeno uno dei seguenti sintomi è stato presente per un numero di giorni superiore a quello in cui non è stato presente e a un livello di gravità clinicamente significativo, ed è perdurato negli adulti almeno 12 mesi e nei bambini per almeno 6 mesi dopo il lutto:
1. Un persistente desiderio/nostalgia della persona deceduta. Nei bambini piccoli il desiderio può essere espresso nel gioco e nel comportamento anche tramite comportamenti che riflettono l’essere separato da, e anche riunito a, un caregiver o un’altra figura oggetto di attaccamento.
2. Tristezza e dolore emotivo intenso in seguito alla morte.
3. Preoccupazione per il deceduto.
4. Preoccupazione per le circostanze della morte. Nei bambini, questa preoccupazione per il deceduto può essere espressa attraverso i contenuti del gioco e il comportamento può estendersi fino alla preoccupazione per la possibile morte di altre persone vicine.
C. Dal momento della morte, almeno 6 dei seguenti sintomi sono stati presenti per un numero di giorni superiore a quello in cui non sono stati presenti e ad un livello di gravità clinicamente significativo, e sono perdurati negli adulti almeno 12 mesi e nei bambini almeno 6 mesi dopo il lutto:
Sofferenza relativa alla morte
1. Marcata difficoltà nell’accettare la morte. Nei bambini questa difficoltà dipende dalla capacità di comprendere il significato e la definitività della morte.
2. Provare incredulità o torpore emotivo riguardo alla perdita.
3. Difficoltà ad abbandonarsi a ricordi positivi che riguardano il deceduto.
4. Amarezza o rabbia in relazione alla perdita.
5. Valutazione negativa di sé in relazione al deceduto o alla morte (es. senso di autocolpevolezza).
6. Eccessivo evitamento di ricordi della perdita – evitamento di persone, luoghi o situazioni associati al deceduto; nei bambini questo può includere l’evitamento di pensieri e sentimenti che riguardano il deceduto.
Disordine sociale e dell’identità
Desiderio di morire per essere vicini al deceduto.
Dal momento della morte, difficoltà nel provare fiducia verso gli altri.
Dal momento della morte, sensazione di essere soli o distaccati dagli altri.
Sensazione che la vita sia vuota o priva di senso senza il deceduto, o pensiero di non farcela senza il deceduto.
Confusione circa il proprio ruolo nella vita, o diminuito senso della propria identità (per es. una parte di se stessi è diminuita insieme al deceduto).
Dal momento della perdita, difficoltà o riluttanza nel perseguire i propri interessi o nel fare piani per il futuro (per es. amicizie, attività).
D. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti
E. La reazione di lutto è sproporzionata o non coerente con le norme culturali o religiose o appropriate per l’età
Il lutto patologico può manifestarsi anche con sintomi simili alla depressione, come disturbi del sonno, appetito ridotto e pensieri suicidari. L’intervento psicoterapeutico diventa cruciale per aiutare la persona a superare questa forma di lutto.
La principale differenza tra un lutto sano e uno patologico risiede nella capacità di adattamento. Nel lutto normale, sebbene il dolore persista per molto tempo, la persona riesce progressivamente a riadattarsi alla vita quotidiana. Nel lutto patologico, invece, l’individuo rimane intrappolato in un ciclo di dolore intenso, con difficoltà a ritrovare un senso di normalità e di progettualità futura.
Va detto che una delle difficoltà contemporanee nell’affrontare il lutto è, talvolta, l’eccessiva medicalizzazione e patologizzazione del dolore emotivo. È fondamentale riconoscere che il dolore per una perdita è una reazione naturale e necessaria, e che ogni persona attraversa questo percorso proprio modo e con i propri tempi.
Il rischio di diagnosticare troppo rapidamente un “disturbo” di lutto, sebbene il DSM-5 cerchi di distinguere tra lutto normale e patologico, può ridurre il dolore a una condizione da “curare”, ignorando che il dolore stesso è spesso il mezzo attraverso cui la persona trova nuove risorse interiori e una nuova modalità di esistenza. Tuttavia, questo non significa ignorare i segnali di difficoltà persistente. Se il dolore diventa insopportabile e limita la capacità di funzionare nella vita quotidiana, può essere indicato cercare l’aiuto di uno specialista, come uno psicoterapeuta o uno psichiatra.
Monitorare come ci si sente e come si sta reagendo alla perdita è una pratica di cura di sé, necessaria per distinguere tra il dolore normale e la sofferenza prolungata o complicata. Un ambiente sicuro può aiutare la persona ad esplorare le emozioni legate alla perdita, a rielaborare eventuali blocchi e a sviluppare nuove modalità di gestione del dolore. L’intervento tempestivo e delicato di un professionista può fare la differenza tra un lutto patologico e un percorso di guarigione più consapevole e sano.
Non va dimenticato, nel quadro complesso dell’elaborazione di una perdita, che l’essere umano può essere considerato una complessa interazione di dimensioni biologiche, psicologiche, sociali ma anche spirituali. Anche in una visione laica, la dimensione spirituale rappresenta una parte integrante dell’esperienza umana, soprattutto quando si affrontano eventi come la morte e il lutto. La spiritualità, intesa come ricerca di significato o connessione con qualcosa di più grande di sé, può fungere da risorsa potente nel percorso di elaborazione del dolore.
Molti trovano conforto in una visione spirituale che permette di accettare la morte come parte del ciclo della vita, sostenendo a dare un senso alla perdita. La spiritualità può offrire uno spazio sicuro per esplorare le domande esistenziali che spesso emergono durante il lutto: “Perché è accaduto?”, “Qual è il significato della vita?”, “Cosa resta dopo la morte?”. Che si tratti di pratiche religiose formali, di meditazione, di contemplazione della natura o di una semplice riflessione interiore, il sostegno della dimensione spirituale può aiutare a riscoprire una prospettiva più ampia ea integrare la perdita nel contesto de
Inoltre, in un contesto più collettivo, i rituali spirituali o le celebrazioni funebri offrono alle persone un’opportunità di condividere il dolore, conferendo un significato alla morte attraverso una cornice culturale o comunitaria che può favorire il processo di elaborazione.
In conclusione, l’elaborazione del lutto è un processo naturale che può assumere diverse forme e tempi. È importante rispettare il dolore come parte della vita, riconoscere quando la sofferenza sta diventando troppo pesante da gestire da soli e cercare supporto quando necessario. Riconoscere le fasi del lutto, comprendere i fattori che possono complicarlo, e distinguere tra il lutto sano e quello patologico è fondamentale per fornire il giusto supporto a chi sta attraversando questo percorso. Una rete di sostegno emotivo e un tempo adeguato per elaborare la perdita sono cruciali per evitare complicazioni, e, in alcuni casi, l’intervento di un professionista della salute mentale può essere necessario per facilitare una guarigione completa e permettere alla persona di riappropriarsi della propria vita.
AlessandroCiardi
Psicologo, Psicoterapeuta Milano
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